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Basta pena di morte... e la Cina?

La rimozione della parola «Cina» ha dell’incredibile. L’altro ieri l’Unità enumerava i condannati a morte nazione per nazione: sui 5.628 totali, ben 5.000 venivano attribuiti solo alla Cina, anche se altre fonti parlano di 10mila. Eppure l’Unità, all’interno, aveva solo articoli sugli Stati Uniti: uno sul New Jersey, uno sui film americani, uno su Bush e un altro sui condannati che attendono nelle celle statunitensi. Anche a Ballarò, stessa cosa: solo America. E anche al Tg3. A Primo piano, poi, peggio ancora: l’inviata Giovanna Botteri parlava solo di Arabia, di Iran e soprattutto di Usa, mentre il conduttore Maurizio Mannoni spiegava che «la pena di morte riguarda innanzitutto gli Stati Uniti». Pechino, l’altro ieri, compariva finalmente a pagina 14 del Corriere: «La Cina entri nel G8» intimava D’Alema; sottotitolo: «Pechino contro Bertinotti per l’incontro col Dalai Lama». Infine: l’Unità, ieri, elencava i vari metodi adottati negli Usa per giustiziare, ma neppure citava le camere mobili di esecuzione adottate in Cina: furgoni Iveco che raggiungono direttamente il luogo delle condanne affinché il malcapitato venga legato a un lettino e poi siringato letalmente, il tutto controllato da un monitor posto accanto al posto di guida. Prima di ripartire per la tournée.